Giocare a Venezia… ieri

Vi ripropongo anche questo 🙂

GIOCARE A VENEZIA… IERI

Venezia è da sempre una città molto particolare, difficile da vivere per certi aspetti ma sicuramente unica nel suo genere, ad iniziare dalla toponomastica. Qui da noi le piazze si chiamano campi e il nome deriva proprio dal fatto che  in tempi passati questi campi erano veri e propri terreni coltivabili o semplicemente ricoperti di erba. Oggi i campi sono rivestiti da lastre in trachite e sicuramente giocare sull’erba o su un pavimento in pietra non è la stessa cosa ma noi bambini veneziani siamo riusciti a divertirci giocando lo stesso. Concordo con voi sul fatto che a pallone si gioca meglio sull’erba, o meglio, se cadi sulla pietra ti puoi fare male. Ma l’assenza di erba non ci ha impediti di fare grandi partite di pallone con tanto di porte e delimitazioni del campo di gioco: una panchina di qua, un albero di là, un’aiuola qui e una fontana o un pozzo qua, o anche il semplice muro di una casa. Vi chiederete: e le altalene? E gli scivoli? Ehm no, all’epoca mia (sono nata nel 1974) c’era un solo posto in cui si potevano trovare altalene (non ricordo esattamente quante, ma non penso molte) e uno (si UNO) scivolo che oggi non sarebbe stato assolutamente a norma: era altissimo, tutto in ferro, ma di quel ferro sottile e tagliente che solo a guardarlo ti sanguinavano le mani, ma altoooo e poi con una doppia curva in discesa, insomma era pericoloso e penso lo abbiano tolto nei primi anni ’90 quando hanno cominciato a venir fuori tutte quelle norme sulla sicurezza che oggi ben conosciamo.

Quindi, riassumiamo: niente parchi gioco, niente altalene, niente prati.. Vi ricordo che parliamo di un periodo a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, per cui niente gameboy, niente computer, niente telefonini, niente messaggini etc. E allora cosa facevamo noi bimbi veneziani? Oltre a giocare a pallone, si andava in bicicletta, si disegnava per terra con i gessetti bianchi (quelli colorati sono arrivati dopo, molto dopo), si giocava a bagnarsi con l’acqua dei rubinetti dei pozzi (oggi chiusi), si giocava a nascondino e … ai quattro cantoni. Nel gioco dei quattro cantoni si faceva prima la conta per decidere chi stava in mezzo, ossia al centro di un ipotetico quadrato. Gli altri partecipanti al gioco si disponevano agli angoli del campo e dovevano muoversi da un punto all’altro, correndo e cercando di riprendere posizione in un altro angolo, mentre il bambino al centro doveva cercare di raggiungere e occupare uno degli angoli lasciati liberi, confidando magari nella scatto e nella velocità. Il bambino che perdeva l’angolo finiva in centro e così via.

Altro gioco che io personalmente amavo (ero campionessa nazionale!!!) era piera alta, letteralmente tradotto “pietra alta”. Solita conta, bambino che “sta sotto” e deve prendere tutti gli altri. Si da il via, e tutti i bambini corrono e trovano la “salvezza” se salgono su una pietra più alta rispetto al pavimento, che poteva essere lo scalino di un ponte o la base di un pozzo oppure lo zoccolo delle porte delle case. Poi negli anni si è aggiunta la variante “salgo su qualsiasi cosa che non tocchi terra” tipo le panchine, le ringhiere, le finestre (arrampicati) o gli alberi. Un tocco di originalità giusto per non restare banali. Lo svolgimento del gioco prevedeva che chi veniva preso o semplicemente toccato stava “sotto” e quindi doveva essere lui a prendere gli altri bambini.

Altro giochi mitici da fare in campo erano un due tre stella e il campanòn (campana o campanone nelle altre città). Quest’ultimo veniva reso più complicato (e divertente) se si disegnavano i quadrati su una pavimentazione non regolare ossia in cui le pietre di trachite non erano messe bene e quindi il rischio di perdere l’equilibrio era maggiore.

Meraviglioso era palla avvelenata.  Si lanciava la palla in aria e chi la prendeva doveva cercare di colpire gli altri giocatori. Chi veniva centrato era eliminato dal gioco. Scopo del gioco: avvelenarli tutti (con la palla ovviamente..) e cercare di rompere il minor numero di finestre 😉

Se si voleva fare un gioco più tranquillo allora si passava ai mestieri muti o alle belle statuine o si saltava la corda. Poi c’erano dame e cavalierimosca cieca e… strega comanda color, anche in questo gioco ero ovviamente campionessa nazionale 😉 Ricordate in cosa consisteva il gioco? C’era una “strega” che diceva un colore: “strega comanda colorrrrrr ROSSO!!” e gli altri bambini dovevano correre e cercare di toccare qualcosa di quel colore, mentre la strega cercava di acchiapparli. Chi veniva preso, prendeva il posto della strega.

Che ricordi! Quasi quasi domani con le gemelle gioco a piera alta 😉

Scritto da Martina, il 24 gennaio 2014.

 

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